1992: l’anno che segnò irrimediabilmente la Storia

Capaci, 23 maggio 1992. Sono le 17:57 quando Giovanni Brusca, chiamato “U verru”, decise di attivare il radiocomando che causò l’esplosione di 500kg di tritolo sull’autostrada A29, tratto che in quel momento era percorso da Giovanni Falcone e la sua scorta.

La morte del giudice antimafia non fu immediata, ma riuscì a sopravvivere solamente per alcune ore in ospedale. Passarono sessanta giorni, vissuti in modo irrefrenabile da Paolo Borsellino, che, a seguito della morte dell’amico e collega Falcone, cominciò a indagare e collegare ogni pezzo del puzzle per riuscire a sconfiggere la criminalità organizzata, prima della sua morte. Era una domenica come le altre per Paolo, mentre si recava in via d’Amelio in visita alla madre, prima che una FIAT 126 contenente 90kg di tritolo venisse fatta esplodere, uccidendo il magistrato e la maggior parte della sua scorta.

Questo non fu abbastanza, non passò molto tempo prima che ci si accorgesse che la famosa agenda rossa di Borsellino, dove vi erano tutti i suoi appunti, scritti con la fretta che solo il presagio della morte può dare, era sparita.

Facciamo un passo indietro. Il 1992 fu l’anno che segnò la Storia, proprio perché scoppiò lo scandalo di Tangentopoli, una serie di inchieste volte a smascherare i legami tra la mafia e la politica. Quell’anno si distinse anche per la serie di attentati ai danni di politici come Salvo Lima, di magistrati come Falcone e Borsellino, e giornalisti come Maurizio Costanzo.

Il piano d’azione dei mafiosi, che avrebbe portato a tutti questi eventi sanguinosi contro le figure più importanti dell’epoca, iniziò nel 1991, durante una “commissione regionale”, così chiamata in gergo mafioso per indicare l’organizzazione che riunisce i boss della criminalità organizzata delle province. Successivamente, il piano fu confermato e condiviso anche dalla commissione provinciale, composto dai leader della provincia di Palermo. Non è difficile immaginare che l’unica persona presente in entrambe le commissioni fu proprio lui, identificato come il boss indiscusso di Cosa Nostra, corleonese dalla nascita e soprannominato “La belva”: Salvatore Riina, meglio conosciuto come Totò.

Sapevate che la mafia ha dei valori? Proprio così, un codice d’onore e morale che deve essere rispettato, come il fatto che le donne e i bambini non possono essere uccisi, che la reputazione sia più importante di qualsiasi cosa e che il tradimento sia il peccato più grave.

Sapete che cos’è che ha contribuito all’arresto di Riina? Proprio il mancato rispetto dei primi due punti di questo codice morale e il cambiamento dell’organizzazione criminale siciliana, che spinse “il boss dei due Mondi”, Tommaso Buscetta, a collaborare con la giustizia, svelando gerarchie e rapporti all’interno di Cosa Nostra.

Ci troviamo a giugno del 1984 quando i due magistrati antimafia Giovanni Falcone e Vincenzo Geraci, gli chiesero di collaborare con la giustizia, e con la speranza che ciò potesse succedere, venne concessa l’estradizione al boss mafioso, che al tempo si trovava in Brasile. Buscetta tentò il suicidio per non dover rivelare alle autorità ciò che conosceva, ma fu inutile, infatti poco dopo cominciò a nominare i membri dell’organizzazione e gli omicidi commessi.

Grazie a queste dichiarazioni, il 29 settembre 1984, scattò “l’operazione San Michele”, dove ci furono 366 mandati di cattura in varie città d’Italia. Nel 1986 Buscetta decise di testimoniare durante il maxiprocesso di Palermo, dove affermò di non essere un pentito, ma di non ritrovare più i suoi “ideali” in quelli della nuova Mafia. Nel 1992, invece, rivelò i rapporti tra l’organizzazione criminale e la Democrazia Cristiana, a seguito degli attentati di Falcone e Borsellino, accusando due grandi esponenti politici, ossia Salvo Lima, sottosegretario di Stato del Ministero delle finanze e sindaco di Palermo, e Giulio Andreotti, Presidente del Consiglio dei ministri, di essere i referenti politici di Cosa Nostra.

Nella rassegna di alcuni degli eventi più importanti della Mafia, è possibile osservare come il 1992 sia l’anno in cui si chiude un capitolo, ossia quello dei due grandi magistrati antimafia, ma allo stesso tempo se ne apre un altro, quello dell’inchiesta di Mani Pulite.

Purtroppo, alcune testimonianze locali confermano come la Mafia non sia solamente quella che riscuote il pizzo e che fa le regole, perché è anche quella che ha portato la spesa durante il Covid, è quella che, quando sei un disoccupato in una regione dove il tasso di disoccupazione è fra i più alti d’Italia, ti offre un lavoro.

In una regione come la Sicilia, dove le istituzioni locali o regionali sono pressoché inesistenti, è Cosa Nostra che fa da tappabuchi, approfittando di persone bisognose, che avrebbero solamente bisogno di uno Stato che le ascoltasse.

Ognuno di noi può fare la propria parte parlando, non nascondendosi dietro il muro dell’omertà, sensibilizzando più persone possibile sul tema, perché è giusto che le nuove generazioni sappiano e decidano di stare dalla parte della giustizia.

Se la gioventù le negherà il consenso,
anche l’onnipotente e misteriosa mafia
svanirà come un incubo.

Paolo Borsellino