Avevamo davvero bisogno de “La Caserma”? Secondo me, anche no!

Un contributo poco moderato sul programma televisivo da poco inserito, in prima serata, nel palinsesto Rai.

«L’obbedienza non è più una virtù»

Don Lorenzo Milani



Dallo scorso 27 gennaio, il mercoledì sera di RAI 2 è monopolizzato da “La caserma”, il nuovo esperimento sociale della RAI, nato sulle orme e sull’onda del successo de “Il Collegio” (già di per sé discutibile). Il programma è presentato come una sorta di ricerca sociologica per testare la reazione delle persone a determinate situazioni; in modo particolare la risposta della cosiddetta “Generazione Z”, ossia quella generazione di ragazzi nati tra il 1996 e il 2005, nei confronti del mondo militare. In poche parole, la trasmissione non è altro che un reality show che ha però un significato (e uno scopo?) piuttosto discutibile: riportare i giovani concorrenti (il più vecchio ha 23 anni), presentati, chi più e chi meno, come degli scapestrati, sui binari dell’educazione e del rispetto tramite la severa disciplina militare.

A questo punto, da giovane quale sono, vorrei porre una riflessione a chi ci legge e in modo particolare a tutti i miei coetanei: nel momento storico in cui ci troviamo, caratterizzato da una precarietà esistenziale e da una crisi che non è solamente economica ma anche fortemente culturale e relazionale, è questo quello di cui NOI giovani italiani abbiamo bisogno? Abbiamo davvero bisogno di una formazione militare per uscire da questa situazione? Onestamente non credo proprio; anzi, personalmente questa “semplificazione” secondo la quale competizione, violenza e rigore militare possano portarci in qualche modo a una soluzione, mi preoccupa non poco, perché mi fa pensare a un periodo storico che non è poi così lontano, ma che forse abbiamo già dimenticato. Oltre a questa inquietudine piuttosto generale, però, si unisce anche il fatto che un programma, con un messaggio alquanto allarmante, non passi in sordina, ma addirittura occupi la programmazione della prima serata della televisione pubblica.

Onestamente credo che in un Paese come il nostro, in cui da decenni ormai si stanno operandi forti tagli alla scuola, all’università, alla ricerca e in cui vi è una costante riduzione del valore degli studi, “La Caserma” non sia altro che una grandissima presa in giro per tutti quei giovani che oggi studiano, o tentato di studiare, e tutti quelli che lavorano, sono precari, guadagnano poche centinaia di euro al mese oppure sono disoccupati e perciò mantenuti a malincuore dai genitori. In Italia i problemi ci sono, la divergenza sociale sta raggiungendo i massimi storici e in tutto ciò, nonostante tutte le difficoltà che la nostra generazione sta attraversando, lo Stato è, ed è rimasto per anni, completamente immobile.

Vorrei che questo mio contributo per Piazza del Mercato possa unirsi in qualche modo alle riflessioni che hanno posto nelle scorse settimane anche i miei “colleghi” Lorenzo e Matteo, qui sul nostro blog, facendo riferimento appunto a quell’enorme voragine in cui la “Generazione Z” oggi si ritrova. Mettersi addosso una divisa, conformarsi in un tessuto sociale ormai indifferente che fa “di tutta l’erba un fascio” e, ancora di più, omologarsi in una gerarchia militare, oggi più che mai, è la cosa più sbagliata da fare e non può essere il modello da seguire per i giovani.

Questo messaggio è sbagliato e noi dobbiamo rispondere! È ormai chiaro che ora è il nostro turno di alzare la voce e dire la nostra, prenderci le nostre responsabilità e combattere un sistema in cui l’ignoranza fa più comodo di quanto pensiamo, perché ci rende liberi di essere schiavi. Alla forza, al “culto del capo” e all’onore del singolo dobbiamo rispondere con la difesa dei nostri diritti, con la solidarietà, ma soprattutto con la dialettica e con l’intelligenza. Alziamo la voce contro chi ci mette un’etichetta in fronte! Noi siamo giovani e abbiamo diritto ad avere un futuro che sia fatto di scuola e cultura, non di divise e caserme.


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