Corsa rosa all’Eliseo

Le elezioni presidenziali e la lezione d’oltralpe sulla leadership femminile

18 Gennaio 2022

Nel 2022 i riflettori internazionali saranno puntati sulle elezioni presidenziali che si terranno in Francia la primavera prossima. 

Anche per la prossima tornata elettorale lo scenario politico dell’Esagono appare variegato e fotografa una situazione ben lontana dal tradizionale dualismo tra fronte gollista e socialista, la quale era già stata notevolmente stravolta cinque anni fa, dove incredibilmente nessuno dei due raggruppamenti storici è riuscito ad accedere al ballottaggio. 

Al di là di quello che potrà accadere nei prossimi mesi, c’è già un aspetto che rende questa campagna elettorale notevolmente “progressista”, ed è riscontrabile tra i contendenti, o meglio LE contendenti di Emmanuel Macron all’Eliseo. 

Saranno infatti tre donne le principali sfidanti del presidente uscente. 

Per i neo-gollisti (Les Republicains) correrà Valerie Pecrésse, governatrice della regione dell’Ile-de-France, capace di sbaragliare la concorrenza maschile alle primarie del centrodestra transalpino e battendo al secondo turno con oltre il 60% il deputato nizzardo Eric Ciotti. Il Partito Socialista proverà a risalire la china e ad uscire dal ruolo marginale in cui attualmente risulta relegato con Anne Hidalgo, sindaca di Parigi ideatrice del modello di “città dei 15 minuti” la quale ha posto al centro della sua agenda temi ambientali. Anche a destra si è deciso di puntare nuovamente su una donna, Marine Le Pen, capace di riportare dopo quindici anni il Front National (oggi Rassemblement National) allo storico ballottaggio di cinque anni fa con Macron.

Un quadro interessante e in grado di rendere la Francia una nazione a modo suo pionieristica in termini di protagonismo femminile nella politica. Un messaggio davvero importante quello che arriva da Parigi, capace sia di rompere il cosiddetto “tetto di cristallo” con cui frequentemente molte donne nelle istituzioni devono loro malgrado scontrarsi, ma soprattutto di essere colto in modo unanime da parte di tutti gli schieramenti politici d’oltralpe. 

È molto positivo il fatto che la leadership femminile in politica non sia più un tabù e conseguentemente nella società si lavori per abbattere gli ostacoli e garantire parità di condizioni tra uomini e donne. Una battaglia politica che non dovrebbe più essere vista come baluardo di una singola parte politica, ma semplicemente come qualcosa di giusto e che va perseguito indistintamente da tutti.

Sia chiaro, una così folta pattuglia di donne tra i candidati alla presidenza della Repubblica non deve però farci cadere nella fallacia di pensare che tutti i problemi circa la parità di genere siano risolti. Il tema della scarsa presenza femminile nelle istituzioni resta apertissimo anche in Francia, basti pensare che la percentuale di donne tra i componenti del parlamento nel 2019 si attesta sul 37,1%, sostanzialmente in linea con l’Italia al 35,8% (Fonte: Elaborazione Openpolis su dati Eurostat)

È pur vero però che se una donna dovesse diventare la futura inquilina dell’Eliseo, ciò rappresenterebbe un ulteriore passo avanti per continuare quel circolo virtuoso nato con il cancellierato stabile e duraturo di Angela Merkel alla guida della Germania, il cui peso politico nei sedici anni di mandato è stato centrale negli equilibri europei e sicuramente superiore rispetto a quello di tanti colleghi uomini.

Tutto ciò accadrà anche oltralpe? Come sempre saranno il tempo e in modo particolare le eventuali e successive scelte politiche messe in campo a dircelo con chiarezza.


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