DEL MONTE: GLI ANNI RUGGENTI DELL’INDUSTRIA ALIMENTARE A SAN FELICE

Intervista a Roberto Gatti, curatore della fotografia e organizzatore del documentario sull’azienda in uscita a maggio prossimo


Anni 70-80. Durante le estati di quei decenni a San Felice il comparto agroalimentare la faceva da padrone. La potenza di fuoco era paragonabile a quella che oggi rappresenta il settore biomedicale per la bassa. Ai tempi esisteva la Del Monte; una sorta di paese all’interno del paese, che ha avvicinato la nostra comunità alla disoccupazione zero, attirando anche tantissimi lavoratori addirittura da fuori regione. Risulta superfluo scrivere che praticamente tutti i giovani dell’epoca hanno lavorato in questa fabbrica per diverse estati come stagionali. Quest’anno un grande progetto celebrerà tutto ciò attraverso la produzione di un libro, una mostra fotografica e un docu-film. Noi abbiamo intervistato uno degli ideatori, Roberto Gatti, per farci raccontare meglio il lavoro che c’è dietro.

Ciao Roberto, intanto cominciamo col chiederti come è nata l’idea di puntare su questo progetto e perchè sentivate la necessità di farlo?

Diciamo che non è che ci sia stata una vera e propria necessità di realizzarlo, ma abbiamo scelto di andare avanti col progetto perchè eravamo in possesso di una grande quantità di materiale d’archivio. Tra le altre cose, avevo promesso ad un caro amico che oggi purtroppo non c’è più, di mandare in porto questo progetto a cui per questo sono legato anche da un valore affettivo. Da lì abbiamo creato un gruppo Facebook che si chiama “Noi che lavoravamo alla Del Monte”, da cui è scaturita un’inaspettata e grandissima partecipazione da parte di chi ha lavorato in questa realtà in quegli anni. Anche da fuori San Felice moltissimi hanno fornito i loro contributi e non vedono l’ora di entrare a far parte del progetto. In modo particolare i lavoratori stagionali di allora, che venivano addirittura dal rodigino coi pullman. Posso anticipare che per l’occasione faremo ripartire anche la storica sirena del cambio turno. Un suono simbolico e storico, che a quei tempi era il punto di riferimento per le famiglie. Pensate che ci raccontavano che al sentirla, nelle case si cominciava a metter su l’acqua per i pasti, perchè significava che di lì a poco qualcuno che lavorava in Del Monte sarebbe rientrato a casa.

In quanti siete a lavorare per questo progetto?

Come organizzatori veri e propri siamo partiti in quattro, poi gradualmente siamo aumentati come gruppo a circa dieci/dodici persone, senza contare le comparse e i partecipanti con le loro testimonianze. Il gruppo principale vede il supporto di: Davide Calanca che ha scritto il libro insieme al supporto del padre Giorgio; Alberto Terrieri, attuale custode dell’area della fabbrica che ci ha messo in contatto con l’azienda Del Monte; Maurizio Braghiroli che ha curato i rapporti con i lavoratori dell’epoca e con la Banca Popolare San Felice 1893 che ha finanziato l’intero progetto e senza la quale probabilmente non saremmo neanche partiti. Imprescindibili anche i ruoli di Gianni Pedrazzi che si occupa della grafica e di Roberto Gavioli per le scenografie della mostra finale. Il mio ruolo invece è quello della cura della parte fotografica.

Quali aspetti del lavoro in Del Monte volete valorizzare all’interno del documentario?

Questa sarebbe una domanda ideale da fare al nostro regista, Paolo Galassi. Lo dico perchè lo stile narrativo del prodotto è in continua evoluzione e si paleserà concretamente una volta iniziate le riprese, che cominceranno i primi giorni di febbraio. Ad oggi stiamo continuando ad intervistare persone e a raccogliere istantanee fotografiche e filmiche. Quello che ci sta davvero stupendo è l’innumerevole quantitativo di gadget dell’azienda che tutt’ora le persone conservano a casa. La Del Monte era davvero una grande famiglia e si percepisce proprio che la gente era contenta di lavorarci. Il messaggio che però vorremmo far passare attraverso la pubblicazione di questo lavoro è il racconto di una sorta di favola che questa fabbrica ha rappresentato in quel periodo storico. 


Interno di uno dei capannoni dello stabilimento della Del Monte a San Felice sul Panaro (Foto: Roberto Gatti)

Ma andiamo a parare ora sugli aspetti tecnici: come si gira un documentario e quali sono i costi per realizzarlo, non solo economici, ma anche in termini di tempo e fatica?

Le fatiche nel realizzare un docu-film sono diverse, ma si riscontrano specialmente in termini di ricerca delle fonti. Avere realizzato per più anni una manifestazione come Sepulchrum ci aiuta senza dubbio. Le vere incognite da superare sono legate alla stagione, siccome gireremo in un periodo freddo scene che però sono ambientate in larga misura nel periodo estivo. Dovremmo quindi essere bravi a sfruttare le luci giuste e le occasioni favorevoli. Le energie da mettere in campo sono davvero tante, ma devo dire che una volta completato il tutto è davvero una grande soddisfazione.

Parliamo dell’accoglienza del progetto, come è stata da parte di chi lavorava alla Del Monte?

L’entusiasmo riguardo al progetto è altissimo. Non ci immaginavamo con questa iniziativa di sollevare un tale fermento tra le persone. Rivivere questi ricordi con gli ex dipendenti e dirigenti della Del Monte è davvero bello e divertente perché ci si ritrova, magari guardando le immagini del passato e ci si confronta su quel periodo. 

Per concludere, ti chiediamo un po’ la timeline da qui alla fine dei lavori

Salvo imprevisti domenica 6 febbraio cominceranno le prime riprese all’interno dell’area della fabbrica. Continueranno le interviste ai dipendenti, tra cui è presente anche quella già realizzata al presidente Ricci, che saranno corredate da immagini dell’epoca riprodotte da vecchi Super8. Seguirà poi una mostra fotografica all’interno dei capannoni che abbiamo messo in sicurezza, svuotato e pulito, con istantanee risalenti addirittura ai tempi della Fruttabella. A seguire, il 14 maggio prossimo la proiezione vera e propria del docu-film “Noi che lavoravamo alla Del Monte”, e auspichiamo possa esserci anche la partecipazione del presidente della Regione Stefano Bonaccini che abbiamo invitato. Il tutto corredato dal libro che prima vi ho accennato.

Sembra davvero che uscirà fuori qualcosa di molto accattivante e interessante…

Ce la stiamo mettendo tutta e mi auguro proprio che sarà così, i segnali ci sono tutti. Invito davvero chiunque a partecipare e venire a vedere il documentario, anche perchè tutto il ricavato che sarà ottenuto verrà devoluto completamente in beneficenza. La nostra è una passione e siamo convinti che debba essere portata avanti con questo obiettivo.


Intervista di Alex Cestari e Nicolò Guicciardi