Due agosto: tra ricerca e memoria

Come nacque l’associazione dei famigliari delle vittime e quale lettura dare a questo avvenimento.

La matrice terroristica della strage del due agosto fu chiara fin da subito: come detto nei precedenti capitoli, qualcuno aveva piazzato una bomba. Miriam Ridolfi, insieme a Torquato e Lidia Secci, i genitori di Sergio, scomparso nell’attentato, Paola Sola e altre persone decisero di tramandare la memoria di ciò che accadde, e soprattutto cercare la verità sulla strage e ottenere giustizia. Il primo giugno 1981 si costituì quindi l’Associazione dei famigliari delle vittime della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, di Torquato Secci fu il primo presidente. L’associazione, attiva tutt’ora, contribuisce in modo primario a mantenere viva la memoria di quell’evento attraverso il proprio attivismo sul web e le manifestazioni/incontri che organizza; inoltre, non ha mai cessato di chiedere giustizia per ciò che avvenne.

Proprio la giustizia è uno dei tasti dolenti che circonda la strage. Gli attentatori materiali: Francesca Mambro e Valerio Fioravanti, sono noti e in carcere. A oggi non si sa ancora chi furono i mandanti dell’attentato, ma si è accertato il coinvolgimento, oltre che del terrorismo eversivo di destra, anche dei servizi segreti deviati e della loggia massonica P2; si sospetta però che vi siano coinvolte altre persone, fra le quali i rappresentanti dello Stato. I tentativi di depistaggio furono parecchi e iniziarono fin dai primi minuti dopo l’attentato: le indagini vennero indirizzate su false piste internazionali: Austria, Libano, Francia. Depistaggi sorti anche dal fatto che l’approccio della Procura della Repubblica di Bologna fu tempestivo, ben strutturato, e che permise di inquadrare anche valide piste per identificare i mandanti.

Così, l’indagine fu tolta alla Procura bolognese e “spezzata” fra vari uffici. Dopo varie traversie, tra le quali la sentenza della Cassazione che invalidò il primo processo d’appello del 1989/1990, nel 1995 la Cassazione ha definitivamente condannato all’ergastolo, per la strage del 2 agosto 1980 alla Stazione di Bologna, Valerio Fioravanti e Francesca Mambro. Inoltre, sono stati definitivamente condannati, per il depistaggio delle indagini, i massoni Licio Gelli, Francesco Pazienza, il generale Musumeci e il colonnello Belmonte, questi ultimi due, ufficiali del servizio segreto militare. Chi furono i mandanti, però, resta ancora un mistero.

Nell’anniversario della strage, il 2 agosto 2017, la stazione e la città di Bologna sono state il palcoscenico su cui sono apparsi 85 “fantasmi”. Le vittime della strage sono state impersonate da altrettanti “narratori”, tutti comuni cittadini: ognuno ha scelto quale vittima rappresentare e, dopo averla “conosciuta” nel suo quotidiano attraverso le testimonianze, l’ha messa, a modo suo, in scena. Così, per tutto il giorno parve che gli 85 nomi delle vittime rivivessero attraverso i narratori perché venissero raccontati. Un progetto partito da lontano che ha visto una lunga fase di messa a punto sotto la guida della storica Cinzia Venturoli e del regista Matteo Belli. Dopo ricerche, prove, incontri e organizzazione certosina, quel 2 agosto, nella stazione e nella città i narratori ripeterono la loro storia, ogni ora, fino a sera inoltrata.

Nel corso di ogni anniversario della strage le celebrazioni si sono sempre tenute con i propri personaggi, i propri discorsi, le proprie particolarità. Ma il “Cantiere 2 agosto: 85 storie per 85 palcoscenici” è stato indubbiamente l’evento più innovativo, perché ha dato ricordo e voce alle vittime attraverso un progetto di memoria attiva, perché ha richiesto l’impegno della cittadinanza: dai narratori, alle guide, ai cittadini che hanno partecipato percorrendo tutta la città per ritrovare coloro che raccontavano le vittime. È stata più di una commemorazione solenne, è stato un evento unico dove il ricordo è stato tangibile, la memoria si è fatta viva: ha parlato, gesticolato, disturbato attraverso ogni narrazione. Memoria attiva, ma anche e soprattutto memoria “per tutti”: il progetto si è rivolto fin da subito alla cittadinanza, si è chiesto di impersonare le vittime a cittadini comuni, non ad attori professionisti. Chiunque avrebbe potuto partecipare. Inoltre, il “Cantiere” si è tenuto fra la gente, nella quotidianità: quel giorno fu sufficiente recarsi in stazione, fare una passeggiata in centro, andare per negozi per imbattersi in un narratore o una narratrice. Un evento diffuso, alla portata di ogni cittadino fatto dai cittadini.

Concludendo, credo che il modo migliore per vivere questa ricorrenza, e per darle un senso utile, sia quello di “depurarla” da ogni bandierina politica o dietrologia, per dire le cose come sono andate. Il 2 agosto 1980, alle 10:25 del mattino alla stazione FS di Bologna un attentato di matrice neofascista (di cui i mandanti a oggi non sono noti, ma ci sono sicuramente stati), ha ucciso 85 persone e ne ha ferite altre 200. Non militanti ma persone comuni, innocenti che hanno avuto la tragica sorte di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Questo fu. Altre versioni, dietrologie e revisionismi non sono opportuni semplicemente perché infondati. Sarebbe inoltre il caso che ognuno, specialmente i rappresentanti della politica, stessero ai fatti e condannassero senza appello ciò che è accaduto, indipendentemente dal colore politico. Solo stando davanti alle vittime, capendo come si sia generato l’attentato e quali furono le sue conseguenze la ricorrenza del 2 agosto avrà un senso, un fine.


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