Piazza del Mercato in cucina con Marco Cervi

Intervista al cuoco professionista sanfeliciano, per oltre un anno in forza all’ Antica Corte Pallavicina.

Questa settimana portiamo Piazza del Mercato in cucina tra i fornelli per farci raccontare la storia di uno dei nostri giovani Sanfeliciani che attraverso sacrifici e passione è riuscito a lavorare in un ristorante stellato, come capo partita dei primi e responsabile di tutta la panificazione. Ecco qui l’intervista a Marco Cervi, cuoco professionista che per oltre un anno ha lavorato presso “L’Antica Corte Pallavicina”dello Chef Massimo Spigaroli che anche nel 2020 ha confermato la propria stella Michelin.

“Eccoci qui Marco, se sei d’accordo partirei dal ragionare sulla formazione: cosa ti ha spinto a frequentare l’ALMA di Colorno, l’alta scuola di formazione guidata fino a pochi anni fa dal celebre Chef Gualtiero Marchesi, e chi ti ha aiutato nel fare questo passo importante per la tua vita professionale ?”

“Dopo essermi diplomato presso l’istituto alberghiero G. Greggiati, sentivo la necessità di dover crescere e rafforzare le mie basi teoriche e pratiche. A malincuore devo constatare che le scuole alberghiere, oggi non sono in grado di offrire ai propri studenti un’istruzione adeguata. La scarsità di fondi destinati alla formazione, in generale, ed in particolar modo in questo campo genera delle ripercussioni in termini di scarsezza di infrastrutture, somministrazione di un format di lezioni dove si dà poca importanza alla pratica, periodi di stage troppo brevi e così discorrendo. Così, stimolato da qualche professore e dalla mia famiglia e spinto dal desiderio di migliorarmi ho deciso di intraprendere questo percorso presso l’ALMA a Colorno. Diventare professionista nel minor tempo possibile è un obiettivo ricorrente in ogni settore e devo ammettere che ALMA mi ha permesso di risparmiarmi 3 o 4 anni di gavetta facilitandomi l’ascesa verso ristoranti di alto livello e stellati: sicuramente un periodo di tirocinio di 5 mesi presso questa tipologia di ristoranti mi ha permesso di crescere in termini di competenze e curriculum ed anche lo chef Stefano Malagoli del ristorante Cavalieri Ducati ha dato un grande contributo alla mia crescita. Lo ritengo il mio primo vero maestro: oltre che ad esserci legato personalmente, credo che sia uno degli chef più sottovalutati di questo territorio; un’ingiustizia per la cucina di altissimo livello ed il bagaglio tecnico proposto nei suoi menu”.

“Sono convinto che una riflessione sugli investimenti scolastici sia necessaria, rilanciando una revisione dell’intero format offerto che in termini di investimenti per potenziare i cittadini del domani. Tornando a noi, nell’ultimo decennio si è vista una crescita esponenziale di programmi o, addirittura, canali tv dedicati interamente al mondo della cucina: cosa ne pensi dei cooking show e credi che il loro avvento abbia generato delle modifiche nel vostro modo di lavorare ?”

“Come tutte le novità, i cooking show hanno portato effetti positivi e altri meno. Sicuramente hanno favorito una maggior conoscenza del cibo, degli ingredienti e dei benefici derivanti. Oltre a ciò, hanno attirato l’attenzione sul nostro mondo permettendo lauti compensi grazie alle pubblicità. D’altro canto, ritengo che si stia pontificando eccessivamente la figura dello chef: i cittadini ci vedono come VIP, quando in realtà il cuoco vive una realtà completamente diversa (ride, ndr). Nell’immaginario collettivo le celebrità vengono viste come festaioli, noi cuochi spesso siamo dietro le quinte delle loro feste a garantire che il loro appetito venga saziato non curandosi di spese ed orari. Dalla televisione traspare che per fare il cuoco si debba essere investiti dall’alto, quasi come se esistesse una vocazione che un bel giorno chiama solo i prescelti a lavorare nel mondo della cucina: la realtà è, come in quasi tutti i mestieri, che serve avere basi solide, impegno, costanza e carattere; il talento gioca un ruolo marginale”.

“Quindi agli appassionati di cucina che sognano di diventare grandi chef diciamo che non esistono illuminazioni divine, ma solo tanto studio e lavoro. In un mondo in costante evoluzione, va da sé che in questi giorni di emergenza stiamo sperimentando le forme di telelavoro, hai mai pensato a che piega prenderà questa professione partendo dallo stato attuale delle cose?”

“È un tema che da qualche tempo a questa parte mi sta facendo riflettere seriamente e mi desta qualche preoccupazione. I progressi tecnici sullo studio della materia prima sono molto interessanti e probabilmente apporteranno ulteriori novità e tecniche da scoprire. Il rovescio della medaglia è legato alla gestione delle persone, prima ancora che cuochi. La situazione attuale, nel mondo dei professionisti, è tendenzialmente caratterizzata dalla filosofia del minimo sforzo massimo risultato: si tende a ridurre i costi sovraccaricando le brigate composte da pochi membri con stipendi distanti anni luce da quello che la tv racconta. La fama di alcuni Chef blasonati viene sfruttata come metodo di pagamento: lavora per me che sono tizio con tot stelle Michelin, lavorerai per almeno 12 ore al giorno per una paga di 1000€ al mese però potrai imparare molto. Questo sarebbe in parte giustificabile se venisse proposto solo dai luminari della cucina, nella realtà è un fatto diffuso. Se questa è la situazione attuale, il nostro movimento quale indirizzo prenderà? Non ritengo giusto nemmeno addossare la colpa sugli Chef che gestiscono i locali che faticano a ottenere margini di guadagno significativi visto il peso della tassazione: credo che la soluzione vincente la si debba trovare all’interno delle istituzioni per tutelare da un lato il lavoro dipendente e dall’altro chi fa l’attività imprenditoriale”.

“Sono convinto che una riflessione all’interno delle istituzioni debba essere avviata per aiutare, come dici giustamente, entrambe le componenti. Ti faccio un’ultima domanda d’obbligo per un Sanfeliciano: in un futuro remoto, ritieni possibile aprire un ristorante qui nel nostro territorio o per il momento hai altri progetti?”

“Nella vita mai dire mai, ma per la situazione economica in cui riversiamo è difficile per un giovane aprire un locale di tasca sua. Questo cambierebbe nel caso in cui alcuni imprenditori decidessero di puntare sul progetto e di farlo crescere investendoci, in tal caso potrebbe diventare una strada percorribile. Al momento, vivo una situazione simile a Reggio Emilia presso il locale “ Taglierè a Palazzo” dove lavoro insieme al mio ex sous-Chef, oggi Chef Kristian Aita. I nostri capi ci hanno scelto per farci crescere professionalmente e far crescere il locale: alla fine pare che questi siano i progetti funzionanti al giorno d’oggi.“

Nel ringraziare Marco per la sua disponibilità nel concederci questa intervista che ha permesso di far luce sulle luci e ombre di un mondo che caratterizza profondamente la nostra cultura, vi invito una volta terminata questa fase emergenziale a fare un salto anche da lui a Reggio.


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