Il sospetto e l’arte di creare mostri

Non so quante volte prima, durante o dopo la visione di un film che non sia di produzione italiana, andiate a controllare se il titolo sia stato tradotto per essere quanto più fedele a quello originale, o se cambia totalmente nel significato. Lasciando da parte alcuni casi che hanno fatto storia (primo fra tutti naturalmente Eternal Sunshine of a Spotless Mind), talvolta, titoli che non hanno nulla a che fare con quello in lingua originale vengono scelti per una questione “economica”.
Insomma, chi sarebbe andato a vedere The Shawshank Redemption, a metà anni Novanta, se non fosse uscito col titolo Le ali della libertà?
Vertigo? Cos’è, un film sulla montagna? Su un funambolo? No! No! Molto meglio La donna che visse due volte. Emblematico, misterioso e, a dirla tutta, neanche così male.

Se il campionario di titoli completamente stravolti dall’originale non manca di esempi, capita, talvolta, di incappare in traduzioni completamente sbagliate o che mancano l’idea e il senso stesso del film. Ed è proprio il caso di una pellicola che ho recuperato poco tempo fa: Il Sospetto.

Film danese del 2012 diretto da Thomas Vinterberg, fondatore del movimento cinematografico Dogma 95 insieme a quel simpaticone di Lars von Trier, e autore del più recente Druk (Un altro giro) che si è aggiudicato l’oscar come Miglior film in lingua straniera 2021.
Lucas (Mads Mikkelsen), un uomo di mezza età, dopo la chiusura della scuola media/superiore nella quale lavorava, insegna come educatore nell’asilo del suo piccolo paese, dove vivono anche tutti i suoi amici. Divorziato, ha un figlio che vive con la ex moglie, e con il quale ha un buon rapporto. Un giorno all’asilo la piccola Klara, figlia del migliore amico di Lucas, costruisce un cuore di perline per Lucas, scrivendogli anche una lettera probabilmente “d’amore”, ma una volta vistasi rifiutare dall’insegnante, che le spiega che quelle attenzioni non dovrebbe rivolgerle a lui, nega di essere l’autrice del regalo. Ferita, racconta a Grethe, direttrice dell’asilo, di odiare Lucas, descrivendo le sue parti intime in maniera inequivocabile, usando parole sentite in precedenza a casa sua dagli amici del fratello maggiore, intenti a guardare foto pornografiche. La direttrice, turbata, denuncia Lucas alle autorità che fanno partire le indagini per molestie sessuali ai danni della bambina.

Ebbene, perché Il Sospetto è, a mio avviso, un titolo così sbagliato? In originale la pellicola reca il titolo di Jagten, tradotto correttamente nella versione inglese con The Hunt. Perché è proprio di questo che si parla: di una caccia.
Il sospetto che Lucas possa aver commesso un atto tanto disgustoso si palesa solo per pochi minuti nelle menti dei colleghi. È una fase che lascia subito spazio all’accusa. A nulla servono i tentativi di Lucas per spiegare; non gli viene nemmeno data la possibilità di farlo. Basta solo l’idea di un Lucas molestatore e pedofilo per farlo diventare tale agli occhi dei cittadini e degli amici.

Cacciato, odiato, emarginato. Colpevole di un crimine che non ha commesso, Lucas vede la sua vita andare in frantumi senza che possa fare qualcosa per impedirlo. Ormai il mostro è stato creato, si è trovato qualcuno da additare, poco importa se sia realmente colpevole o meno.

Vi ricorda qualcosa? Qualcosa avvenuto qualche annetto fa proprio qui, nella bassa modenese? Qualcosa che, recentemente, è tornato a far parlare di sé prepotentemente? Ma no, certo che no! Che sbadato! Meglio se torniamo al film.

Con il passare del tempo il padre di Klara, Theo, grande amico di Lucas prima delle accuse, comincia a dubitare della versione della figlia e decide di rimettere tutto in discussione, non ritenendo Lucas capace di una cosa del genere. I due finalmente si riappacificano, e Lucas viene reintegrato nella comunità. La pellicola sarebbe potuta terminare in questo modo: con il protagonista che finalmente ha la giustizia che merita e la sua vita che ritorna alla normalità. Ma no. Non può più esserci normalità dopo un’esperienza del genere.
Non voglio rovinare la visione quindi mi fermo qua.

Il sospetto, o meglio, Jagten è un film per il quale non vedevo l’ora arrivassero i titoli di coda, una fine che avrebbe dato pace sia a Lucas che a me. Meraviglioso e devastante allo stesso tempo, ma soprattutto perfettamente lucido nel metterci di fronte all’ipocrisia nella quale viviamo ogni singolo giorno.

Il sospetto è un film che dovrebbe farci sentire peggiori, perché è questo che siamo: peggiori di quello che pensiamo. Comodamente seduti sui nostri scranni di perbenismo creiamo mostri additandoli con paura, non importa quale sia la verità, abbiamo bisogno di qualcuno da odiare, qualcosa di concreto, per poi piangere non appena inizia a comportarsi esattamente come lo abbiamo spinto a fare.