Deposito Scorie Nucleari: un aiuto all’ambiente

Perchè non bisogna spaventarsi quando sentiamo la parola nucleare.

Nelle scorse settimane, tra meandri di articoli riguardanti Covid-19, gli eventi americani e la possibile crisi di governo, forse, vi è caduto l’occhio su qualche paragrafetto, scritto a lato della pagina principale, riguardante una tematica che alterna momenti di grande rilevanza mediatica e lunghi letarghi nel dimenticatoio sociale.

Il 30 Dicembre 2020, Sogin pubblica i 67 territori valutati idonei alla costruzione del deposito nazionale di scorie radioattive. Fatto di per sé di poco conto: una semplice pagina del classico romanzo all’italiana in cui una infrastruttura pubblica che da anni è stata programmata, finanziata e valutata necessaria, riesce dopo tempo e peripezie a fare un passo importante, superando gli ostacoli burocratici e politici che da svariate decadi ne impediscono la realizzazione. Vista così, una classica storia comune a molti progetti pubblici che, non si sa come, in Italia non riescono quasi mai ad essere realizzati rispettando i tempi.

Tuttavia una parola manca a questa narrazione, la quale cambia tutto: si sta parlando di rifiuti nucleari. Nei giorni successivi un susseguirsi di notizie e interviste sono state pubblicate riguardanti ferme opposizioni da parte di associazioni ambientaliste e istituzioni locali, in quanto non è possibile che nel loro territorio venga costruito questo mostro che inquinerà irrimediabilmente la loro terra.

La parola nucleare (intesa in questo articolo unicamente dal punto di vista civile del termine) è ormai associata in Italia a qualcosa di pericoloso, che va evitato e ripudiato il più possibile. Una discussione più o meno accurata può avvenire sui vantaggi e svantaggi circa l’utilizzo di questa discussa tecnologia, ma quello che più mi spaventa è il preconcetto che tutto ciò che è associato alla parola nucleare venga analizzato indipendentemente dal contesto e della sua applicazione, dimostrando una forma mentis che si riscontra sempre più spesso nei dibattiti pubblici nel nostro paese.

Il deposito nazionale deve essere costruito per far fronte allo stoccaggio dei materiali prodotti in Italia sia da alcune attività come analisi e terapie mediche o da macchinari industriali, ma anche e soprattutto dai reattori nucleari italiani che, dopo il referendum del 1987, sono stati chiusi e messi lì ad aspettare il decommisioning, in termini non tecnici e semplicistici, lo smantellamento. La sua costruzione è un dovere nazionale poiché ad oggi non esiste un luogo dove custodire in assoluta sicurezza questi materiali, rilegati in siti provvisori e quindi inadeguati a contenere i rifiuti stoccati a lungo termine. D’altra parte l’Italia è da anni in ritardo sulla questione e per questo motivo è fortemente caldeggiata dall’Europa ad accelerare la costruzione del deposito, minacciando una multa per il mancato adempimento delle misure necessarie per provvedere alla sicurezza dei suoi cittadini. I luoghi in cui sono conservate le scorie è ad oggi sicuro, ma è necessario che venga costruita questa infrastruttura, per contenere tutto il materiale nella maniera più adeguata per il tempo necessario.

Ora che abbiamo brevemente esposto il perché debba essere costruito il suddetto deposito, ora possiamo chiederci: perché deve essere costruito sul mio territorio?

Tralasciando il fatto che San Felice sul Panaro non risponde al criterio di “basso rischio sismico” e altri dei 28 criteri per la scelta della locazione del deposito, la domanda può essere tradotta in: è dannoso per il mio territorio avere tale deposito?

Sicuramente si potrebbe inferire che, se siamo disposti a sopportare cose come discariche a cielo aperto, scarichi industriali nelle acque dei nostri fiumi e canali, un livello di inquinamento dell’aria così elevato da superare spesso i limiti consentiti, qualsiasi siano gli effetti delle scorie radioattive, incapsulate, sigillate e messe sotto terra, sicuramente generano un problema secondario rispetto ad altri ancora da risolvere. Ma così facendo potrei essere accusato giustamente di benaltrismo (atteggiamento di chi elude un problema sostenendo che ce ne sono altri da affrontare), piaga dilagante del nostro paese e che preferirei non mi venisse etichettata.

Fortunatamente però non è nemmeno necessario, perché gli effetti negativi della costruzione del deposito sono veramente pochi.

Sogin è uno degli ultimi baluardi dello scire italiano in ambito nucleare, dove fin dagli albori della sua storia con Enrico Fermi la nostra nazione si è sempre contraddistinta, ma che dalla chiusura delle centrali si è lentamente trasferita all’estero, oppure è piano piano rilegata a pochi esponenti della vecchia generazione di esperti. Tuttavia questa società nazionale nata con lo scopo di costruire questo deposito, rappresenta un insieme di persone la cui esperienza è comprovata.

Grazie anche all’utilizzo delle ultime tecnologie che rispettano le migliori pratiche internazionali, la custodia dei questi rifiuti nucleari sarà così sicura, che per la popolazione del territorio sarà maggiore la radioattività che riceverà ogni giorno dal proprio cellulare, dalla radiazione cosmica di fondo o semplicemente dal potassio (K-40) ingerito mangiando qualche banana. Consiglio di vedere su internet alcuni video prodotti dalla Sogin stessa in cui spiegano molto semplicemente il concetto di defence in depth, cioè l’utilizzo di ripetute barriere di difesa con differenti meccanismi di azione (per esempio “meccanismo fisico” come può essere un muro, “meccanismo chimico” come può essere l’utilizzo di determinate sostanze per l’inibizione del trasporto dei rifiuti, ecc..) per lo stoccaggio e l’isolamento dei materiali radioattivi.

Ad operazioni terminate, il risultato sarà la messa in sicurezza del materiale in questione; intendendo sicurezza per gli esseri umani, ma anche e soprattutto l’ambiente il quale sarà sottoposto ad un rischio minore rispetto a lasciare le scorie radioattive in siti non appropriati.

Cosa porterà quindi il deposito? Lavoro e soldi. Infatti, oltre al finanziamento e la realizzazione del deposito in sé, nelle vicinanze verrà costruito un Parco Tecnologico che consiste in un centro di ricerca dotato di attrezzature all’avanguardia per il monitoraggio della costruzione dell’infrastruttura e in seguito per effettuare attività in collaborazione con università e altri centri di ricerca nazionali e internazionali nell’ambito dello stoccaggio di materiali radioattivi.

È personalmente preoccupante vedere come sempre più spesso vengono sostenute posizioni su questioni scientifiche senza avere le conoscenze appropriate. Ma se non sapere non è mai una colpa, perché nessuno di noi può essere esperto in tutti gli ambiti, non è corretto protestare pubblicamente su questioni in cui gli esperti si sono espressi in maniera concorde. Si vedano argomenti come i vaccini, il riscaldamento globale oppure anche la più scottante verità sulla forma a geoide del nostro pianeta, che qualcuno sostiene sia solo una grande bugia.

Concludo con un monito che faccio a tutti, ma soprattutto a me stesso: RESTIAMO INFORMATI!

e la prossima volta che sentirete la parola nucleare, non spaventatevi, ma cercate di capirne di più di quel fantastico mondo che nasconde grandi potenzialità!

Un (si spera) futuro ingegnere nucleare, Pietro Cioli Puviani


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