Nutrie: esiste sempre una soluzione!

Quali soluzioni è possibile adottare per contrastare il proliferare di questo animale molto diffuso nei nostri territori?

La nutria: animale tanto odiato quanto evitato nelle nostre zone. Non tutti sanno però che originariamente non era un problema, anzi: il problema ce lo siamo creato da soli. Originario della parte meridionale del Sud America, l’animale si prestava bene alla produzione di pelliccia, per questo, dopo la colonizzazione dell’America da parte delle popolazioni europee, la nutria si specializzò come animale commerciale e ben presto zone di allevamento furono create, oltre che nella sua zona d’origine, anche in Europa e nelle altre parti del mondo. Alcuni individui fuggiti da queste aree o introdotti deliberatamente per poter generare altre popolazioni, si stabilirono presto in quasi tutto il mondo.

Introdotto e poi allevato anche in Italia per i medesimi scopi commerciali, gli esemplari fuggiti o rilasciati dall’uomo hanno portato a un notevole incremento della sua diffusione a livello selvatico. In modo particolare, negli ultimi 50 anni, a causa dell’abbandono di questo tipo di allevamento e alla diminuzione veloce e costante di aree verdi o paludose, la popolazione di nutrie si è espansa specialmente nella zona della Pianura Padana, in Toscana, lungo la costa adriatica, in Veneto, in Friuli-Venezia Giulia, nel Lazio, in gran parte dell’Abruzzo e sul versante tirrenico settentrionale.

A questo punto però bisogna aggiungere un’analisi ulteriore al contesto italiano in quanto nella maggior parte degli altri paesi, che siano essi autoctoni o meno per la nutria, sono presenti anche numerosi altri animali predatori come lo sciacallo dorato, la volpe rossa, l’ermellino, il lupo grigio e il gatto della giungla, per quanto riguarda i paesi nord europei; il giaguaro, il puma, l’ocelot, il gatto tigre e il caimano nel caso dei paesi sudamericani. Non sono da meno inoltre anche gli uccelli predatori quali la poiana spallerosse, il falco di palude e l’allocco. Ora, a meno che tu non sia originario della Russia o della Bolivia, dubito possa aver visto tanti esemplari degli animali elencati.

Da qui appunto nasce uno dei problemi fondamentali: non solo la nutria non è originaria del nostro territorio, ma mancano quasi tutti i suoi predatori naturali! A questo problema è difficile trovare una soluzione. Normalmente, se un animale non si trova bene in un determinato luogo emigra, ma considerando le abitudini alimentari della nutria e confrontandole con le potenzialità riservate dal nostro territorio, è quasi impensabile anche solo l’idea che le nutrie spariscano da sole dai nostri piccoli paesi. Le abitudini alimentari della nutria infatti ricadono principalmente sulle forme di vita vegetali e sulle parti di queste ultime come radici, rizomi e tuberi.

Inoltre le zone paludose e il clima umido sono l’habitat perfetto per questa specie che, appunto, anziché abbandonare i nostri parchi, le nostre campagne e i nostri fiumi, preferisce proliferare sempre di più. Per quanto riguarda la proliferazione infatti, si vanno a creare altri problemi: questo animale è in grado di riprodursi durante tutto l’arco dell’anno, anche per 2-3 volte, con un parto medio di circa cinque piccoli alla volta, con un minimo di un solo nascituro ed un massimo di tredici; inoltre un singolo individuo ha una vita media molto lunga se consideriamo che si tratta di un animale selvatico. In certi casi, infatti, la nutria può arrivare a vivere fino a 10 anni. La somma di tutti questi problemi va a confluire in una cifra che, seppur non molto precisa, in quanto quasi impossibile da stabilire precisamente, stima il numero di esemplari di nutria intorno al mezzo milione lungo la fascia di territorio emiliano-romagnolo. Questi sono i dati provenienti dall’ANBI (Associazione Nazionale Bonifiche e Irrigazione) risalenti al settembre scorso e quindi all’immediato periodo post-lockdown, il quale ha reso ancora più difficile tenere sotto controllo la proliferazione di tali animali.

A questo punto dell’articolo però sorge spontanea una domanda: che disturbo può dare una nutria? È un problema fondamentale in questo momento?

Personalmente mi sento di dire di si. Le nutrie sono un problema immediato che va risolto quanto prima. La risposta, ancora una volta, la possiamo trovare grazie ai dati forniti da ANBI che stima un danno di circa 3 milioni di euro per i danni diretti (quindi principalmente quelli arrecati all’agricoltura e al raccolto) e di circa 55-70 milioni di euro di danni indiretti rappresentati dalle spese dovute al controllo e al risanamento di tantissime aree che possiamo definire “infestate”. I danni indiretti, così come quelli diretti, però, non possono fare altro che aumentare, per cui rimanere immobili significa continuare a spendere i soldi dei cittadini. Ormai sono tanti i parchi pubblici, le campagne e gli argini in cui proliferano numerosi esemplari di nutrie e, oltre al già enorme problema dell’aggressività dell’animale, bisogna fare anche i conti con la bonifica e il risanamento di questi ultimi per evitare in futuro problemi più grandi e, di conseguenza, un’ulteriore spesa dei fondi pubblici in quantità sempre maggiori.

Analizzati i problemi veniamo ora alle possibili soluzioni. Il metodo che da molti può essere considerato il più semplice: l’eliminazione di massa di questi animali, NON può essere una soluzione ma anzi un ennesimo problema. Diversi studi infatti hanno dimostrato come la “caccia alla nutria” non faccia altro che incrementare la presenza di quest’ultima in quanto le nutrie tendono a riprodursi maggiormente se minacciate o uccise, grazie ad un meccanismo biologico ormonale simile a quello dei cinghiali. Inoltre questa “soluzione” non fa altro che permettere, a chi ne ha interesse, di continuare a sollevare il problema per sentirsi poi legittimati nell’uccidere. Per farla breve, a questo punto del problema, uccidere l’animale non risolve pressoché nulla in quanto, siccome ci troviamo davanti a una popolazione esageratamente grande, la morte di un esemplare non può fare altro che portare alla nascita di almeno altri cinque di essi. Un po’ come l’Idra nella mitologia greca: se tagli una testa ne spuntano tre. Nonostante questa esclusione però va detto che non è facile capire quali soluzioni adottare, anche perché spesso la confusione su ciò che si deve o non deve fare è dettata dalla vacuità delle normative che spesso e volentieri vengono scavalcate dall’autonomia delle istituzioni. Risolto questo inghippo puramente amministrativo e burocratico, ci sono possibili risoluzioni da testare e adottare. Tra queste, per esempio, l’utilizzo di apposite reti metalliche, gabbie ed esche (seguite dalla soppressione indolore degli animali senza ricorrere alla caccia), rinforzo e sistemazione delle pendenze a 45° negli argini, recinzioni elettrificate, protezioni meccaniche degli argini, siepi campestri, piantumazione arboree degli argini e la reintroduzioni di predatori autoctoni (come nel caso di canidi, felidi, ciconiformi e lucci). Negli ultimi anni, inoltre, si è aggiunta un’ulteriore possibile soluzione che, già testata in alcuni comuni della Lombardia, è stata studiata dal biologo Samuele Venturini. Si tratta di una tecnica indolore che si basa su un contenimento di individui riproduttori sterilizzati in grado di impedire il nomadismo e di ridurre notevolmente il tasso riproduttivo della colonia; tale pratica, già sperimentata nel comune di Buccinasco (MI) e nella provincia di Trieste, rientra all’interno dei parametri posti dalla Legge Caccia e Pesca 157/92, per cui applicabile su tutto il territorio italiano.

La morale della favola, insomma, la possiamo trovare in tre punti fondamentali: le nutrie sono un problema, lo sterminio violento tramite la caccia non è la soluzione, esistono nuove vie più efficaci e in grado di mantenere stabile la biodiversità del territorio.


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