Scuola di Musica Andreoli: la musica non si fermerà

Due chiacchiere con Elena Malaguti, Presidente della Fondazione.

Nella bassa modenese, tra la nebbia e le pozzanghere, c’è una fondazione che si occupa non solo di musica, ma anche di integrazione ed inclusione; si tratta della Fondazione scuola di musica Carlo e Guglielmo Andreoli. Sulla home page del sito ufficiale, è riportata questa frase: “Di fronte a tempi eccezionali servono compattezza e sforzi altrettanto straordinari. Dobbiamo unire le energie di tutti coloro che pensano, come noi, che la musica non sia soltanto un passatempo, ma un formidabile veicolo di inclusione, di superamento delle differenze, di promozione dell’individuo, di socialità”. Queste parole riecheggiano prepotentemente e sono la dimostrazione di quanto questa realtà sia importante per il nostro territorio. La scuola di musica Andreoli, infatti, è stata fondata nel 2009 da UCMAN (Unione Comuni Modenesi Area Nord) e dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Mirandola, con l’obiettivo di diffondere attività educative e didattiche in tutti i nove comuni della Bassa, cercando di coinvolgere il numero più alto possibile di giovani. Quello che può sembrare un progetto piuttosto scontato, in realtà, negli anni ha dimostrato tutto il contrario; ne sono la dimostrazione i 20 gruppi musicali e le oltre 1000 persone che frequentano la Scuola di Musica Andreoli. Per capire meglio di cosa stiamo parlando, abbiamo scambiato due chiacchiere con Elena Malaguti, attuale Presidente della Fondazione, che ci ha raccontato la scuola di musica vista dall’interno.

Elena, cosa si prova a essere Presidente di una fondazione composta da oltre mille persone? Si tratta perlopiù di responsabilità o di soddisfazioni?
In realtà siamo anche di più di mille, di preciso 1345, e sono felice della crescita continua che abbiamo avuto negli anni. È ovvio che nel mio ruolo c’è una sorta di fifty-fifty tra responsabilità e soddisfazione, però ammetto che spesso prevale la seconda. Poi è ovvio che la responsabilità c’è, e non manca mai, soprattutto ora che stiamo vivendo questa pandemia e tutte le preoccupazioni annesse a essa. Le soddisfazioni, però, vengono proprio da questo riscontro, sono tante e incoraggiano a sostenere il nostro lavoro

La vostra Fondazione ha “solo” dodici anni, ma in realtà i vostri progetti sono tantissimi, come la banda John Lennon e i Rulli Frulli, solo per citarne alcuni. Come avete fatto in così poco tempo a creare una realtà così solida e importante per il nostro territorio? In realtà i dodici anni riguardano solo la nascita della Fondazione, la gestione dei gruppi e la nostra storia, però, è cominciata ben prima, circa vent’anni fa con la gestione della banda di Mirandola e di San Felice. Partendo da lì, negli anni siamo riusciti a unire più realtà inserendo sempre più novità. A oggi, anche grazie ai fondi pubblici, siamo riusciti a espanderci ulteriormente creando tantissimi gruppi di ogni genere.

“Inclusione” è la parola che mi viene in mente mentre parli del vostro progetto. Qual è stato il motivo per cui avete fatto di questo concetto la vostra “base di partenza”? È vero, in effetti questa parola ci ha da sempre accompagnati, e devo dire che accanto alle scuole delle bande, ancora prima di diventare Fondazione, c’è sempre stata una grande collaborazione con il reparto di neuropsichiatria infantile dell’ospedale di Mirandola, iniziata nel 1996, anche grazie al Dott. Veronesi di San Felice che allora era il capo reparto e che ci ha accompagnato in questo percorso, con l’obiettivo di creare un gruppo solido e inclusivo. Tutto è partito da Mirandola con la collaborazione di tanti esperti tra psicologi e psichiatri, poi il nostro percorso è proseguito con il Dott. Vianello dell’Università di Padova che tutt’ora segue i nostri docenti. Da subito abbiamo cercato di “togliere l’handicap”, coinvolgere tutti allo stesso livello e ora possiamo dire di esserci riusciti.

L’origine della parola “scuola” viene dal greco e significa “tempo libero”, “gioia di esserci”. Pensi che la vostra scuola abbracci questo concetto? Sì, assolutamente. Entrando nel merito ti posso dire che la nostra “mission” è appunto quella di accompagnare lo studio della musica individuale al gruppo, per creare collettività e stare insieme. I risultati li abbiamo visti sulla nostra pelle, tante volte prima della pandemia abbiamo fatto delle manifestazioni a Bologna, con tantissima partecipazione dei ragazzi, che hanno deciso di dedicarci un po’ del loro tempo libero, anche mettendo da parte per un attimo lo studio scolastico e universitario. Insomma, personalmente, concordo con questa idea: condividere e stare insieme sono le caratteristiche che vivono nei nostri ragazzi.

Ormai da un anno, il nostro Paese come tutto il mondo è stato catapultato in una pandemia che sembra essere infinita. Come ha influito il Covid sulle vostre attività? Il Covid ha inevitabilmente influito. Per esempio, le iscrizioni, anche se in modo abbastanza contenuto, sono calate di circa il 10%; questa cosa però era abbastanza prevedibile. Tutto sommato, però, mi sento di dire che le famiglie hanno dato un segnale positivo anche con l’istruzione a distanza tramite Dad. Inoltre, abbiamo avviato un processo di digitalizzazione grazie al bando della regione che ci ha permesso di investire una cifra di circa 70.000 euro. Le più grandi incertezze ora provengono dal futuro. Nonostante tutto siamo forti della collaborazione dei nove comuni della Bassa e della Cassa di Risparmio di Mirandola, i quali in questo periodo non ci hanno mai lasciato soli. Io personalmente sono molto soddisfatta del passo in avanti, verso la digitalizzazione, che siamo riusciti a fare, anche se ammetto che la penalizzazione della musica d’insieme non è mancata e i nostri eventi sono stati pochi, al di là di quelli estivi.

Finora abbiamo parlato del presente, ma quali sono gli obiettivi e le vostre aspettative per il futuro? Per il futuro siamo pieni di idee, ma siamo anche preoccupati dalle incertezze, come ti dicevo prima. Tra le altre cose, anche se non riguarda la pandemia, un problema molto importante per il futuro riguarda l’aspetto dell’UCMAN, perché ne va della nostra gestione economica ed amministrativa; sicuramente l’uscita di Mirandola non porterebbe nulla di buono per noi, anzi complicherebbe molto le cose. Inoltre, anche l’aspetto economico generale del Paese è abbastanza preoccupante, ma cerchiamo di rimanere positivi per poter proseguire al meglio con i nostri progetti. Una nota positiva potrebbe essere quella di avere una nuova sede a San Felice, dato che il comune sembra aver accolto positivamente la nostra richiesta di una nuova sede. Insomma, la nostra voglia non manca, anzi non vediamo l’ora di poter tornare a suonare liberamente come facevamo prima del Covid.


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