Storia come… Storia e ricerca

Sì, è vero, a scuola le Guerre puniche si studiano tre o quattro volte, magari mandando a memoria nomi e date. Annibale, 216 a.C., lago Trasimeno, Canne, Scipione l’Africano… Allora viene da chiedersi: a cosa serve la Storia? Perché uno studente dovrebbe dedicare tempo del suo studio, a scapito di materie molto più pratiche, magari di indirizzo tecnico?

C’è effettivamente un modo di insegnare e apprendere Storia, ancor oggi molto diffuso, che ne fa una disciplina quasi inutile: è proprio il memorizzare nomi, date ed eventi. Perché è sbagliato fare così? Per dirlo mi tocca scrivere un po’, abbiate pazienza.

La Storia, diceva Marc Bloch, “è la più difficile di tutte le scienze perché riguarda gli uomini, nel tempo”: proprio questa sua complessità permette allo studente di sviluppare una serie di abilità e competenze fondamentali, in ogni ambito di studio e d’applicazione. Del resto, “storia” viene dal greco e significa proprio “ricerca”: questa storia-ricerca si caratterizza perché:

  • La Storia ha un metodo molto preciso e rigoroso: uno storico è per certi aspetti simile a un giudice, nel fare il proprio mestiere. Lo storico è diffidente, perché nessuna fonte è attendibile per definizione; è meticoloso nella ricerca e prudente nel tirare conclusioni; è intellettualmente onesto nell’ammettere di aver sbagliato e sa mettersi in discussione. Un metodo simile a quello scientifico, ma forse ancor più rigoroso e preciso perché uno storico, a differenza di uno scienziato, non può fare un esperimento per confermare le proprie teorie, e quindi l’unica garanzia che ha è il metodo che ha seguito.
  • La Storia è identità: ne avevo già parlato, qui vorrei sottolineare come per conoscere una materia e un oggetto “nuovo”, tracciarne la storia sia fondamentale. Un medico che ha studiato la storia della medicina ha ripercorso tutti gli esperimenti, i successi, gli errori, i tentativi dei suoi predecessori: ha osservato la medicina “in pratica” e può trarre da queste informazioni preziose lezioni per il suo mestiere.
  • La Storia è educazione alla complessità, alla capacità di analisi, e alla tridimensionalità! Potremmo dire che lo storico è abituato a guardare il cubo da ogni faccia e dire che è un quadrato: in altre parole, lo studio della Storia insegna ad avere una visione globale dell’oggetto, analizzandolo da ogni lato, evitando di semplificarlo fermandosi all’apparenza. Uno studente che sviluppa quest’elasticità mentale saprà non solo analizzare, ma anche fornire soluzioni complesse e per nulla scontate.
  • La Storia è una lezione di umiltà: lo storico sa che nella sua materia nulla è detto, e tutto può essere rimesso in discussione. È consapevole del fatto che ci siano domande a cui, forse, mai potrà rispondere e che la sua conoscenza ha dei limiti. Lo studente di storia impara a distinguere ciò che sa da ciò che non sa. Proprio dire «non lo so» è uno dei requisiti fondamentali dello storico: dichiararsi ignorante, invece che cercare di colmare le proprie lacune artificialmente con cose solo supposte o indovinate, è una grande virtù, necessaria per dare validità al proprio metodo e alle proprie affermazioni. Sapere quando fermarsi, mettersi in discussione è una delle cose più difficili.

Tutte queste qualità si sviluppano solamente se l’insegnamento della Storia viene fatto coinvolgendo gli studenti nel processo con cui si arriva a dire certe cose, se di fronte a un dato storico si fa un’analisi complessa. Invece, mandare tutto a memoria significa fare “collezionismo” di date, nomi, numeri, eventi. Ottimo, per fare bella figura e rispondere alle domande dei quiz televisivi, ma la Storia è un’altra cosa. Invece di studiare le Guerre puniche a memoria, perché non abituare gli studenti a vederle dal punto di vista dello storico? Così sapranno anche nomi e date, ma acquisiranno in più un metodo prezioso ovunque vorranno spenderlo.

La formazione umanistica serve eccome, e ti garantisco che si vede. Già negli scambi universitari, gli studenti italiani mostrano una maggiore capacità di problem solving e di visione globale; non a caso il laureato italiano all’estero è generalmente molto apprezzato per le qualità “accessorie” che sviluppa, a prescindere dal campo di studio che ha scelto. Un professore di ingegneria di un mio caro amico non a caso si lamentava che i propri studenti mancassero della conoscenza della “storia dell’ingegneria”: proprio la Storia fa vedere il processo e restituisce un’identità al suo oggetto. Ho sentito un imprenditore lamentarsi dei “suoi” specializzati perché di fronte a un problema nuovo, non sapevano analizzarlo, comprenderlo e risolverlo. La Storia è educazione all’uso di un metodo (con tutto il rigore necessario); è educazione alla complessità dei problemi (ovvero alla tridimensionalità: gli storici guardano ogni faccia di un cubo e non semplificano da un’unica prospettiva dicendo che è un quadrato) e alla variabilità delle soluzioni e degli effetti. E anche, lasciatemelo dire, una lezione di grande umiltà: lo storico sa che, nonostante tutto, non verrà forse mai a capo delle domande che si pone e che ci sono limiti alla sua conoscenza.
Credo che la Storia (fatta come si deve, non mandando le cose a memoria) sia necessaria. Non perché bisogna sapere “a macchinetta” le Guerre puniche, ma perché, come diceva Marc Bloch: “è la più difficile di tutte le scienze perché riguarda gli uomini, nel tempo.”