1992: arresto di Mario Chiesa e inizio di Mani Pulite

Dalle “picconate” di Cossiga al Pio Albergo Trivulzio: le origini dell’inchiesta


Sono passati 30 anni da quando, nel 1992, la politica italiana cambiò per sempre. 

Il 17 febbraio, il presidente socialista del Pio Albergo Trivulzio di Milano Mario Chiesa venne arrestato colto in flagrante nel tentativo di disperdere una tangente appena incassata dall’imprenditore Luca Magni. Questo episodio fu scatenante per quello che venne poi definito come un vero e proprio terremoto giudiziario e politico italiano. Quella che venne poi ribattezzata “Tangentopoli” rivelò un intricato e strutturato sistema di finanziamenti illeciti che riguardavano da un lato i maggiori partiti della Repubblica, e dall’altro alcuni dei principali imprenditori dell’industria italiana. Un terremoto che ha provocato conseguenze e dinamiche fondamentali per comprendere lo scenario politico attuale. 

Francesco Cossiga, due presidenti in uno: il Picconatore

Il nel febbraio del ’92 il settennato di presidenza Cossiga volgeva al termine, ed era appena iniziato il semestre bianco che avrebbe condotto all’elezione del nuovo inquilino del Quirinale. I primi cinque anni del suo mandato sono stati caratterizzati da un basso profilo — quasi da notaio — verso i partiti. Qualcosa cambiò nell’ultimo biennio, quando Francesco Cossiga stravolse il suo atteggiamento guadagnandosi l’appellativo di “Presidente picconatore”. Le “picconate” di Cossiga rimbalzavano sulle colonne delle principali testate giornalistiche italiane ed altro non erano che forti dichiarazioni — spesso offensive — che il presidente ha rivolto a diversi suoi colleghi, prescindendo dal colore politico. L’atteggiamento di Cossiga non fece altro che alimentare la tensione all’interno di un paese, e soprattutto una classe politica, già scossi dall’avanzare delle indagini giudiziarie. Facendo un’analisi a posteriori, il comportamento verbale adottato dall’allora presidente è quanto mai simbolico per riassumere la decadenza vissuta dalla politica italiana ad inizio anni ’90.

Salvo Lima e le paure della Democrazia Cristiana

La tensione durante la campagna elettorale salì ulteriormente fino a toccare livelli altissimi. Il picco si registrò meno di un mese dopo l’arresto di Chiesa e a circa tre settimane dalle elezioni con l’uccisione dell’Eurodeputato della Democrazia Cristiana Salvo Lima. Quello di Lima è uno degli omicidi illustri della storia repubblicana del nostro paese che a sua volta ha scatenato importanti conseguenze all’interno del partito di centro. La Democrazia Cristiana, fino a quel momento, era la forza storica e più rappresentativa dell’Italia e non era nuova a questo genere di eventi. La storia della ‘balena bianca’ è stata caratterizzata da figure ambigue ed episodi controversi, basti pensare al rapimento e all’uccisione Moro o ai presunti legami di Giulio Andreotti con Licio Gelli e Cosa Nostra. L’omicidio Lima fu la goccia che fece scomparire definitivamente il partito principale dell’Italia repubblicana, il partito infatti non arrivò alle successive elezioni del 1994.

L’uccisione di Lima riaccese nella nazione la paura del terrorismo mafioso, paura che si ravvivò nuovamente nel maggio e nel giugno dello stesso anno con le stragi di Capaci e via D’Amelio e le uccisioni di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Questi tragici eventi e, parallelamente, lo sviluppo delle inchieste di Tangentopoli, provocarono tra gli italiani un forte senso di sconforto e di completa sfiducia nei confronti della classe politica. Un sentimento che favorì a generare grande consenso in quelle figure che, con le loro azioni, stavano osteggiando i partiti tradizionali: uno dei personaggi più amati fu senz’altro il giudice Di Pietro, che insieme ad altri nomi noti della magistratura come Piercamillo Davigo e Gherardo Colombo, divennero il simbolo della caccia ai politici corrotti. D’altro canto però, anche i fenomeni come quello dell’emergente Lega Nord — che teorizzava la secessione e quindi una spaccatura tra Nord e Sud — segnalavano come in Italia regnasse un malcontento per il sistema.

6-7 aprile 1992: le elezioni terremoto 

Malgrado le elezioni e l’avvio di Tangentopoli siano avvenute a poche settimane di distanza, la tornata del ’92 non risentì in maniera significativa dello scandalo che invece avrebbe condizionato i primi due anni della legislatura. I risultati delle urne restituirono un elettorato più che mai diviso: la Democrazia Cristiana (all’ultima elezione della sua lunga storia) sarebbe scesa sotto la soglia psicologica del 30%; il Partito Democratico della Sinistra nato dalle ceneri di un Partito Comunista intorno al 26%, non sarebbe stato in grado di replicare il risultato del 1987, guadagnando un modesto 16%; i socialisti registravano l’ennesima delusione elettorale. La grande sorpresa fu invece la Lega Nord di Umberto Bossi che aveva spopolato nel nord Italia e che si attestava intorno al 9%, sintomo di grande spaccatura interna. 

In seguito alle elezioni poi, fu anche la volta delle dimissioni anticipate del presidente Cossiga, che lasciò il Quirinale due mesi prima della normale decadenza del mandato. Con la fine anticipata del settennato Cossiga si è rimarcata anche quella spaccatura — poi accentuata nel ’93 e nel ’94 — che ha provocato la fine della Prima Repubblica.

All’indomani del voto, dal palazzo di Giustizia di Milano partirono gli avvisi di garanzia firmati dal pool di Di Pietro e diretti a svariate figure politiche e volti noti dell’imprenditoria. L’inizio della legislatura fu accompagnato giorno dopo giorno dalla progressiva perdita di credibilità del sistema politico. Il nuovo presidente Scalfaro affidò a Giuliano Amato il compito di formare il nuovo governo che restò in carica per meno di un anno. A questo ne seguì un altro guidato da Ciampi che ebbe però la stessa fine, aprendo la strada a nuove elezioni nel 1994. 


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