1993: l’anno dei suicidi, dei processi e dell’antipolitica

Dalle monetine dell’Hotel Raphael alle bombe: l’apogeo di Tangentopoli e della crisi istituzionale


La tempesta che sconvolse l’Italia nel 1992 non si arrestò l’anno successivo. Il 1993, infatti, ha visto susseguirsi diversi capitoli drammatici del libro più oscuro della recente storia repubblicana: Tangentopoli.

I processi, portati avanti dall’agguerrito pool di Mani Pulite, proseguono a ritmo martellante, ma con una piccola battuta d’arresto, che risponde al nome di decreto Conso. Il 5 marzo 1993, per cercare di salvare una classe politica ormai condannata in toto, il governo vara questo decreto-legge, depenalizzante il reato di finanziamento illecito ai partiti anche retroattivamente. I magistrati di Mani Pulite avvertono subito il possibile insabbiamento delle indagini e lanciano l’allarme, accolto dal Presidente della Repubblica dell’epoca, Oscar Luigi Scalfaro, che si rifiuta di firmare l’atto, reputandolo incostituzionale.

Gli avvisi di garanzia continuano a fioccare copiosamente, soprattutto nelle fila della Partito Socialista Italiano e della Democrazia Cristiana. Sono dell’11 febbraio 1993, infatti, le dimissioni di Bettino Craxi da segretario del PSI, così come del 1993 è il ritiro dalle quinte di Claudio Martelli, presumibilmente suo successore alla carica più rilevante del partito, accusato di bancarotta fraudolenta per il conto protezione di Silvano Larini. Il tesoriere della DC, Severino Citaristi, invece, riceve, solamente nel 1993, il record di settantadue avvisi di garanzia; Giulio Andreotti viene accusato di concorso in associazione mafiosa. Ovviamente, neanche le altre compagini rimangono intoccate: vengono indagati, fra i tanti, anche il segretario del Partito Repubblicano Italiano, Giorgio La Malfa, quello del Partito Liberale, Renato Altissimo, e quello del Partito Socialdemocratico, Carlo Vizzini.

Ma, come sappiamo, Tangentopoli non scombina solo le carte della politica, ma di una classe dirigenziale intera. Nella metà di marzo 1993 viene reso pubblico uno scandalo Eni per 250 milioni di dollari, che porta l’ex presidente dell’azienda, Gabriele Cagliari, a togliersi la vita in carcere, nel luglio dello stesso anno. Tre giorni dopo si uccide anche Raul Gardini, presidente del gruppo Ferruzzi-Montedison, coinvolto nelle indagini per la maxitangente Enimont da 150 miliardi di lire. La scia di suicidi (o presunti tali) tra impresari, iniziata nel 1992, culmina nel 1993, con ben 41 vittime, molte delle quali non riconosciute ancora come ufficialmente colpevoli.

Il vento del cambiamento sferza forte in ogni ambito della vita repubblicana, tanto che, il 18 aprile 1993, il referendum abrogativo promosso dal democristiano Mariotto Segni sancisce l’abolizione del proporzionale per l’elezione del Senato, con l’82% dei consensi. Unendo uno spiccato interesse dell’elettorato per un sistema maggioritario alla volontà, sempre espressa in un referendum abrogativo, di non finanziare più pubblicamente i partiti, emerge un chiaro sentimento di antipolitica, sempre più consistente fra gli italiani. È proprio per questo che il governo Amato I, instauratosi nel 1992, rassegna le dimissioni nell’aprile 1993, interpretando i risultati referendari come un segno di sfiducia nei confronti dell’esecutivo e della politica in generale.

Il nodo della nuova compagine governativa è abbastanza complicato e tocca al Capo dello Stato scioglierlo. Oscar Luigi Scalfaro pensa, dapprima, a un governo con Romano Prodi, ex democristiano, come Presidente del Consiglio e con Mariotto Segni, molto apprezzato a livello di opinione pubblica per i referendum, come Vicepresidente del Consiglio. I due interessati, però, rinunciano ancor prima delle consultazioni, lasciando la massima carica del Paese con un nulla di fatto. Scalfaro, allora, decide di stravolgere le usanze repubblicane: per la prima volta nella storia italiana, infatti, conferisce l’incarico di premier a un tecnocrate, Carlo Azeglio Ciampi. Nell’aprile 1993, la missione è compiuta: nasce il cosiddetto governo dei professori, guidato dal Governatore della Banca d’Italia e formato principalmente da esperti in economia e diritto. Questo è il segnale forse più importante del sentimento di antipolitica dilagante nel nostro Paese all’epoca: anche l’istituzione più politica di tutte diventa tecnica, denotando una sfiducia immensa nel sistema intero. A pochissimi giorni dalla sua formazione, però, viene messo in grave difficoltà dalla negata autorizzazione a procedere nei confronti di Bettino Craxi: il Partito Democratico della Sinistra di Achille Occhetto ritira tre suoi ministri dall’esecutivo, oltre alle dimissioni per protesta rassegnate dal Verde Francesco Rutelli. Le tensioni politiche si traslano presto anche sulla popolazione, tanto che, il 30 aprile, fuori dall’Hotel Raphael di Roma, Craxi viene travolto dal lancio di monetine e banconote da parte della folla inferocita. Il governo non ha vita lunga: cade nell’ottobre del 1993, per una mozione di sfiducia depositata dal Partito Radicale, motivata dal fatto che l’esecutivo deve tornare a essere eletto dal popolo. Ciampi si dimette e, proprio per questo, il Presidente Scalfaro decide di sciogliere, per iniziativa personale, le Camere: è chiaro che una parte della classe politica non è più legittimata a stare in Parlamento.

L’estate 1993 scorre attentati ed esplosioni di bombe a firma mafiosa, prima a Firenze, a maggio, poi a Milano e a Roma, a luglio: perdono la vita 21 persone in tutto e vengono distrutte le facciate delle chiese di San Giovanni in Laterano e di San Giorgio in Velabro, nella capitale. Una mancata strage risale all’ottobre, quando un ordigno potentissimo non esplode nei pressi dello Stadio Olimpico, sempre a Roma.

Il 4 agosto, il popolo italiano si trova davanti all’ennesima pubblica dichiarazione di scontento nei confronti della politica tradizionale. Infatti, in quel giorno viene promulgata la nuova legge elettorale, che prende comunemente il nome Mattarellum, in onore dell’attuale Capo di Stato, Sergio Mattarella, relatore del testo legislativo. Con questo cambiamento, l’Italia acquista uno meccanismo misto, che attribuisce il 75% dei seggi di ciascuna Camera con un sistema maggioritario a turno unico (ossia, in ciascun collegio uninominale vince il candidato più votato) e il restante 25% con il classico metodo proporzionale. Per i risultati effettivi ottenuti dal Mattarellum, dobbiamo aspettare le elezioni politiche del 1994, primo caso concreto di applicazione della norma.

Gli scandali del 1993 sembrano non finire mai: nell’ottobre, scoppia l’affare Sisde, riguardante i Servizi Segreti della Sicurezza Interna, che porta a diversi avvisi di garanzia, arresti e condanne, sia nei ranghi militari, sia in quelli politici. Lo stesso Presidente della Repubblica Scalfaro viene indagato, in quanto, quando ricopriva la carica di ministro degli Interni (1983-87), sono state versate somme riservate fuori bilancio sul suo conto, per un totale di cento milioni di lire. Tra accuse di malversazioni di fondi destinati al pagamento di informatori, di estorsione, di malfunzionamento delle operazioni e di diffamazione, anche i servizi segreti sono toccati dallo spettro della corruzione e dal sentimento dell’antipolitica.

Per fare un sunto di un anno così drammatico come è stato il 1993 per la nostra Nazione, possiamo usare le parole dello stesso Capo dello Stato, Scalfaro: «Io non ci sto», pronunciate in un discorso televisivo a reti unificate, il 3 novembre di quell’anno. Una dichiarazione concisa, semplice e d’effetto: le persone non stanno dalla parte delle bombe mafiose, né dalla parte di un sistema politico ed economico corrotto, ma neanche dalla parte delle istituzioni così infangate dal caos di Tangentopoli e dal processo di Mani Pulite. Un sentimento di frustrazione e sconforto così profondo non può finire in niente; avrà delle conseguenze importantissime nel 1994, vero e proprio anno di svolta nella storia contemporanea italiana.

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