I giovani nel mondo del lavoro

Per capire l’importanza del lavoro in Italia basta pensare al primo articolo della nostra Costituzione, è proprio quello a esprimere la sua rilevanza: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”.

Il lavoro non è solamente un diritto sostanziale, dato che lo Stato si impegna a renderlo accessibile a chiunque, come sancisce l’Articolo 4, ma anche un dovere civico, poiché a fronte di inadempimento non vi è alcuna sanzione.
È necessario distinguere tra occupati, ossia coloro che vengono chiamati lavoratori e disoccupati, cioè le persone che in uno specifico momento non hanno un lavoro, ma che in passato l’hanno avuto. In Italia il tasso di occupazione nel mese di febbraio 2022 è salito al 59,6%, un numero da record, considerando che nel febbraio 2020, prima della pandemia e dei numerosi lockdown, il tasso era lo stesso. Un dato positivo è anche quello che riguarda i giovani, poiché si è verificata una diminuzione dei disoccupati tra gli under venticinque, raggiungendo il 24,6%.

Uno dei problemi rimasti è quello dei Neet, acronimo di “Not in Employment, Education or Training”, ossia coloro che non studiano e non lavorano, compresi tra i quindici e i trentaquattro anni,e che in Italia sono più di due milioni e rappresentano il 25,1% dei giovani. L’Italia, insieme a Turchia, Montenegro e Macedonia, è tra le nazioni con la percentuale più alta di Neet; è stata inevitabile, quindi, una risposta del governo, con un piano di azione volto all’occupazione di queste persone, che prevede una suddivisione in tre macro fasi: emersione, ingaggio e attivazione. Per svolgere ciò, sono stati individuati degli strumenti operativi, tra cui Garanzia Giovani rinforzata, un programma promosso dall’Unione Europea nell’aprile del 2013, volto a combattere la disoccupazione giovanile, che sarà potenziato e migliorato; l’istituzione di Sportelli Giovani nei centri per l’impiego, con cui si cercherà di individuare, grazie a specifiche figure, le situazioni di disagio dei Neet e spingere i ragazzi verso l’inserimento nel mondo del lavoro o in percorsi formativi; il sito GIOVANI2030 (https://giovani2030.it),destinato a diventare un punto di riferimento per i cittadini tra i quindici e i trentaquattro anni che necessitano di aiuto per decidere in che ambito operare; infine il Piano Pluriennale 2021-2027 utile per l’inclusione dei giovani nei Programmi Erasmus+ e Corpo Europeo di Solidarietà.

È necessario, però, fare una distinzione, perché tra i tre milioni di Neet ci sono i giovani inattivi, cioè che non hanno un lavoro e non lo stanno cercando; e quelli disoccupati, che non hanno un lavoro, ma lo stanno cercando. La Generazione Z e i Millennials sono state condizionate negativamente nel mondo del lavoro, sia per la pandemia, ma in questo momento anche per il conflitto tra Russia e Ucraina, che ha portato a un rincaro delle materie prime, provocando danni alle numerose aziende. Inoltre, quest’anno gli stage, ossia i percorsi di formazione “on the job”, che permettono di essere formati direttamente dalle aziende, con eventuale possibilità di assunzione, sono diminuiti, e si è assistito a un aumento dei contratti di lavoro a tempo determinato.

Lo stagista, a differenza di un altro lavoratore, non ha diritto a giorni di ferie, malattia e permessi, che sono necessariamente da concordare con il datore di lavoro; inoltre il tirocinio non è un contratto di lavoro, e, alcune volte, prevede solamente una retribuzione equivalente a un rimborso spese. Le percentuali mettono in luce un fatto spiacevole: solo il 29,9% degli stagisti vengono assunti. Il Parlamento europeo ha condannato la pratica dei tirocini non retribuiti e ha invitato i diversi Stati a trovare un’equa retribuzione tra tirocini e apprendistati, viste le enormi differenze tra i due.

L’Italia dovrebbe permettere ai giovani di lavorare in una condizione equa, che permetta loro di avere diritti, una giusta retribuzione e di non rimanere in una situazione di precarietà. Una persona alla ricerca di lavoro, purtroppo, potrebbe imbattersi in offerte che non sempre lo tutelano, volte solamente ad agevolare le aziende, per questo è essenziale una giusta formazione sui propri diritti e doveri.

Un altro problema nel mondo lavoro è quello del “gender pay gap”, ossia la differenza tra la retribuzione di uomini e donne a parità di ruolo e di mansone, che varia a seconda degli Stati europei. Basti pensare che in Romania, Lussemburgo e Italia corrisponde al 5%, mentre oltre il 19% in Estonia, Lettonia, Germania e Austria. È fondamentale, però, ricordare come questi dati siano rapportati alla popolazione, verrebbe da dire parziali, perché alcuni Paesi possono avere percentuali basse poiché il tasso di occupazione delle donne risulta inferiore. In Europa, gli Stati con l’indice più basso sono proprio quelli del nord: Islanda, Finlandia e Norvegia. L’italia, nonostante sia sessantatreesima nella classifica stilata tra 156 Paesi, risulta tra le peggiori in Europa, a causa della minore occupazione delle donne. Basti pensare nell’anno della pandemia, 312mila donne si sono ritrovate senza lavoro, un fatto così tanto grave da essere soprannominato “she-cession”, fenomeno che, come ci indica il nome, ha colpito il genere femminile. A maggio del 2020 è stato dimostrato, grazie a un’indagine, come una donna su due avesse rinunciato a un progetto a causa della situazione in cui ci trovavamo, e, inoltre, sempre una donna su due ha dichiarato che la sua situazione economica fosse peggiorata.

In quanto giovane donna, che ha dovuto cercare lavoro in Italia, posso affermare di essermi imbattuta in alcune proposte lavorative che richiedevano solamente uomini, senza giustificazioni valide, e ne sono rimasta colpita, poiché mai avrei pensato che un motivo per non essere scelti potesse riguardare proprio il mio sesso, e non le mie capacità. In un mondo così in evoluzione come quello di oggi, sembrano surreali anche alcuni contratti proposti che prevedono un monte ore che non è minimamente rapportato alla retribuzione ricevuta, come può succedere imbattendosi in stage e tirocini, che in alcuni casi tutelano il datore di lavoro e non il lavoratore, sfruttando l’inesperienza dei giovani.

Concludo ricordando come l’Articolo 37 della nostra Costituzione affermi che “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore”, ma, come ci dimostrano innumerevoli casi, non rappresenta la reale condizione italiana.